Abbiamo parlato di pratica quotidiana come un elemento fondamentale del cammino Buddhista, laico o monastico che sia, intendendo che si dovrebbe praticare ogni mattino ed ogni sera.

Molti di noi non trovano il tempo per entrambi gli appuntamenti quotidiani, ma è raccomandabile generare un’abitudine e rispettare questo impegno almeno una volta al giorno, un momento riservato ed imprescindibile nonostante i numerosi impegni che ogni giorno ci riempiamo, o di cui ci facciamo riempire, la giornata e a volte anche la notte.

Spesso allora accade che qualsiasi impegno anche se stancante e magari non così necessario lo accettiamo, ma quando invece si tratta di destarsi per la personale pratica spirituale, unica in grado di darci sollievo, ristoro interiore nonche energia nuova, ecco che allora elaboriamo numerose giustificazioni spesso basate unicamente sulla “non voglia”, strumento di quell’olio spirituale che come ci insegna il Buddha è l’anticamera della “morte”… quindi in virtù di esso la rimandiamo ad un domani così indefinito che è già di per se irrealizzabile! Eppure ci consideriamo “buddhisti”, perché oggi questa parola è attrattiva, o meglio ci fa apparire delle belle persone.

Magari ci riempiamo la bocca di aforismi e affascinanti fraseologie prese da qualche lettura ed ecco che il gioco è fatto, agli occhi degli altri siamo bravi! Poi però la vita ci mette alla prova ed è lì che la nostra mancanza di addestramento e di pratica spirituale si manifesta con tutta la sua capacita distruttiva, abbattendo tutte le nostre maschere ed ecco allora che l’etichetta acquisita di “bravo buddhista”

CROLLA AI PIEDI DELLA PROPRIA INCAPACITÀ E DIFFICOLTÀ MANIFESTA!

Quella apparente capacità di gestione della vita samsarica che ci ha fatto apparire belli agli occhi di altri non praticanti, si presenta senza più alcuna maschera! …e tutte le nostre abilità di oratori non servono a nulla!

La pratica quotidiana che in giapponese chiamiamo GONGYO, equivale al tempo di addestramento che seguiamo per rafforzarci e stare bene, similmente alla pratica in palestra o seguendo dei corsi di yoga, arti marziali o altre discipline. Facciamo questo perché ci fa stare bene. La pratica ci rende forti e in salute, pronti ad affrontare la quotidianità.

Quindi per i discepoli del Tenryuzanji non dovrebbe essere importante dire: “io sono buddhista”, poiché questa affermazione significa tutto e niente, anzi spesso non significa proprio niente! …ma piuttosto poter affermare: “sono discepolo del Buddha!”, questo ci conferisce intrinsecamente una grande responsabilità nei confronti nostri ma anche di tutti gli esseri!

IO SONO DISCEPOLO DEL BUDDHA

Testimonia costantemente la nostra piena adesione al Sentiero del risveglio e la scelta di ospitare in noi, senza dubbi i Tre Gioielli, Buddha, Dharma e Sangha.

Per agevolare la propria pratica quotidiana il Deshi predispone uno spazio fisico che funge da vero e proprio altare domestico, dove ci si può ritirare per la meditazione, la recitazione e per qualunque motivo vi sia il bisogno di ritrovarsi! Sara il proprio Luogo-non-luogo in cui il semplice sedersi o il semplice fermarsi acquisteranno nuova forza, rigeneratrice e ricostituente, capace di rischiarare la confusione mentale che potremmo aver accumulato durante i vari momenti della quotidianità.

Come deve essere questo spazio di pratica? Ci deve essere almeno lo spazio per riuscire a sedersi comodamente e per fare le genuflessioni rivolgendosi verso l’altare.

Seguendo la tradizione è preferibile posizionare l’altare a Nord, rivolto verso Sud, ma non è imprescindibile.

Si riconosce come altare uno spazio elevato, come un mobiletto o un tavolino, in cui siano presenti i seguenti elementi:

  • Un’immagine o scultura del Buddha (lo stile del Tenryuzanji prevede la presenza dei tre Buddha principali del nostro ordine: Shakyamuni, Yakushi e Amida);
  • Una candela o una luce
  • Dei fiori freschi o artificiali
  • Una offerta di cibo
  • Una offerta di acqua
  • Incenso
  • I testi di Dharma
  • Una campana
  • Un tatami o un tappetino davanti all’altare dove sia comodo appoggiare le ginocchia
  • Uno zafu, un cuscino comodo, uno sgabellino o una sedia dove sedersi in meditazione

Il Buddha occupa una posizione centrale e di maggior importanza rispetto al resto di elementi, è l’oggetto che ispira il nostro germoglio di Buddhità, ciò a cui aspiriamo ad arrivare, ciò che dobbiamo coltivare giorno dopo giorno, sapendo che abbiamo la possibilità di arrivare ad essere come fu il Buddha Shakyamuni, dipende solo da noi stessi e dalla nostra determinazione.

Nel caso di un altare in stile Tenryuzanji, Buddha Shakyamuni sarà posizionato al centro, mentre alla nostra sinistra di ci sarà Buddha Yakushi (della Medicina) e a destra il Buddha Amida.

Molto probabilmente una sola vita non è sufficiente per arrivare all’illuminazione, ma ciò che seminiamo e coltiviamo ora, lo raccoglieremo in seguito.

La pratica è il sentiero che ci conduce all’illuminazione. Quando ci inchiniamo di fronte al Buddha lo facciamo per dimostrare rispetto a questo concetto, a questo stato mentale a cui noi stessi vogliamo giungere.

Perseguendo il nostro obiettivo la sua immagine ci ricorda di mantenere la retta concentrazione (dal Nobile Ottuplice Sentiero).

Una candela o una luce è il simbolo della coscienza, sella sapienza del Buddha, che dissipa il buio dell’ignoranza. In teoria e in alcuni templi una candela rimane sempre accesa, però nei giorni nostri in cui non ci può essere qualcuno a vigilare tutto il tempo, è molto rischioso lasciare un fuoco incustodito e si consiglia di accenderla solamente sotto sorveglianza.

I fiori sono un omaggio al Buddha, tradizionalmente si offrono ai piedi del Buddha e hanno un protagonismo ancora più rilevante in feste come il Vesak, dove parte della cerimonia consiste nel bagno del Buddha bambino, con acqua e fiori.

Il Buddha bambino alla cerimonia del Vesak

L’offerta del cibo, tale come si fa al Tenryuzanji, è parte delle pietanze del pranzo stesso, un pochino di ogni pietanza, insieme ad acqua fresca e incenso. Si porta al Buddha prima di mangiare come offerta al nostro grande maestro. Più tardi, dopo pranzo, questo cibo puo venire offerto alla natura, all’esterno del tempio,o della casa dove tutti gli esseri dell’ambiente lo possono mangiare.

L’acqua invece può essere lasciata lì fino a sera o in alcuni casi anche fino al mattino seguente.

A casa si capisce che può essere complicato questo rituale quotidiano e si ricorre a cibo secco, come riso, pasta o legumi e li si lasciano sopra l’altare con acqua ed incenso come simbolo di offerta. Sarebbe opportuno eseguire questo rituale quotidianamente, perché così trasformeremo una semplice azione in un nuovo strumento di consapevolezza e responsabilità!

I testi di Dharma sono gli insegnamenti del Buddha, che sono arrivati fino a noi.

Abbiamo un grande privilegio ad averli e li trattiamo con enorme rispetto.

Si dimostra questo rispetto non appoggiandoli mai al suolo, conservandoli puliti e intatti, in un luogo sicuro.

La pratica, la meditazione sono di solito aperti e/o chiusi da tre tocchi di campana, che può essere di tipo tibetana, di tipo Inchin…ci sono infiniti tipi di campane buddiste!

Per sedersi in meditazione, a parte dello zafu (il cuscino) si consiglia qualcosa di morbido sotto, per poter appoggiare le ginocchia. C’è chi non sta comodo nella posizione del loto o del mezzo loto e preferisce una sedia. L’importante è mantenere la schiena dritta e attiva durante lo zazen (non ci si appoggia allo schienale, nel caso della sedia o sgabellino).

Il Monaco Seiun, ci ripete sempre che la cosa più importante per un discepolo del Buddha è:

pratica, pratica e ancora pratica!

Ven. Seiun

Quindi al Tenryuzanji ci salutiamo dicendo:

Buona pratica!

I Deshi del tempio Tenryuzanji

Buona pratica!
Nel Sangha

I Deshi del tempio Tenryuzanji